278 Firme
Il firmatario non ha presentato/depositato la petizione.
La petizione è indirizzata a: Governo
“L’Italia è una Repubblica fondata sul lavoro”, recita l’articolo 1 della Costituzione.
Il lavoro è un elemento insostituibile per la dignità e la realizzazione della persona
Nel nostro Paese il lavoro è diminuito per una serie di concause (dinamiche della globalizzazione e delocalizzazioni, sviluppo dell’automazione, errate scelte di politica industriale, ricerca del minor costo e non della maggiore qualità, crisi economica dal 2008, crisi pandemica ecc.) e ha progressivamente perso dignità e ruolo, causando crescenti squilibri sociali.
L'Italia è l'unica nazione tra quelle sviluppate ad avere una popolazione attiva inferiore a quella delle persone inattive.
- Abbiamo un tasso di occupazione inferiore di 10 punti rispetto a quello della media dei Paesi UE, equivalente a 3,7 milioni di posti di lavoro. A fare la differenza è il sottodimensionamento di molti comparti dei servizi pubblici e privati.
- Non partecipa al mercato del lavoro una quota significativa di under 34 – un terzo dei giovani nella fascia 15-24 anni non studia né lavora e ingrossa i preoccupanti numeri dei cosiddetti NEET – delle donne e della popolazione in età di lavoro del Mezzogiorno. Si tratta di un ampio bacino di risorse umane inutilizzate (circa 5,5 milioni secondo l'Istat), o sottoutilizzate nell'ambito lavorativo (1,4 milioni di part-time involontari). Consideriamo anche il mezzo milione di giovani che hanno completato percorsi formativi di un certo rilievo e si sono trasferiti nei Paesi esteri che offrono migliori opportunità di lavoro.
Questi numeri sono tendenzialmente destinati a peggiorare nei prossimi 15 anni, per la fuoriuscita dal mercato del lavoro delle generazioni del baby-boom, con un incremento previsto di circa 1,5 milioni di pensionati, e la riduzione di oltre 4,5 milioni di persone in età di lavoro, per le conseguenze della prolungata denatalità.
Ma anche guardando a coloro che hanno un impiego, all’interno del mondo produttivo e dei servizi, preoccupano:
- le diminuite attenzioni alla sicurezza sul lavoro;
- i salari al ribasso;
- la precarietà dei contratti;
- la quota crescente di lavoro nero e sottopagato;
tutti elementi che indicano uno svilimento nei fatti della colonna portante della nostra concezione di società.
Preoccupa ancor più l’accondiscendenza a una cultura assistenzialista alternativa alla cultura del lavoro, con il costante aumento della quota delle risorse pubbliche destinata alle politiche passive a discapito di quelle attive, finalizzate a migliorare l'occupabilità delle persone e a rendere sostenibile la mobilità del lavoro.
L'indebolimento del mercato occupazionale e l'impoverimento delle persone, anziché stimolare un ripensamento degli interventi, diventano il pretesto per aumentare la spesa assistenziale. Ed è inaccettabile che i necessari strumenti di sostegno al reddito diventino un comodo sostitutivo dell'impiego, e che si accetti fatalmente che le politiche attive del lavoro siano inefficaci e fallimentari, incapaci di invertire il progressivo disallineamento tra le professionalità richieste e le caratteristiche dell'offerta di lavoro.
INSIEME propone 20 azioni su:
- Sicurezza
- Costo del lavoro e paga minima oraria
- Voucher e ammortizzatori sociali
- Politiche attive del lavoro
- Partecipazione dei lavoratori alla gestione dell'impresa
- Trasformazione digitale
Gli obiettivi sono:
- invertire le tendenze delineate
- restituire al lavoro, con scelte concrete di governo, la dignità perduta
- farne il fondamento della nostra civile convivenza
Le prime 4, fondamentali:
1. Primo passo per recuperare la piena dignità del lavoro è garantirne la SICUREZZA. Quindi:
- più formazione
- più controllori e controlli
- pene severe, rapide e certe, dove si riscontrano negligenze e omissioni di sicurezza
- introduzione di meccanismi operativi per una partecipazione responsabile al lavoro.
2. Il lavoro deve costare meno senza penalizzare il salario: la tassazione sul lavoro deve essere inferiore rispetto a quella sulle rendite. Quindi:
- taglio significativo del cuneo fiscale;
- deducibilità del costo del lavoro dalla base imponibile dell’IRAP.
3. Il lavoro straordinario deve costare di più, non convenire per le aziende, che lo hanno reso in molti casi strutturale. Dove c’è lavoro bisogna favorire nuove assunzioni. Permanendo gli attuali meccanismi di calcolo, gli oneri sulle ore straordinarie vanno raddoppiati rispetto alle ore ordinarie.
4. Ogni lavoro deve emergere, essere riconosciuto e pagato dignitosamente. Vanno applicati solo i Contratti Nazionali stipulati dalle Associazioni imprenditoriali e sindacali maggiormente rappresentative. Occorrerà definire per legge la paga minima oraria. Potrebbe andar bene il ripristino del voucher minimo orario da 10 euro.
A queste, INSIEME accompagnare altre 16 azioni, più settoriali ma essenziali per sciogliere i nodi che negano dignità al lavoro.
Il testo integrale della petizione, con il dettaglio delle azioni previste, è leggibile sul nostro sito e su facebook
Motivazioni:
Le proposte di INSIEME hanno lo scopo di sciogliere le gravi disfunzioni presenti in diversi ambiti, che rendono oggi il lavoro in Italia di bassa qualità, sottopagato, debole contrattualmente, passivamente esposto alla concorrenza internazionale di capitali e competenze, diseguale; disfunzioni che ne sviliscono sistematicamente la dignità e il ruolo nell'economia.
A quali disfunzioni fanno riferimento le azioni proposte?
Quanto alla retribuzione e agli ammortizzatori sociali:
- La mancanza di controlli e sanzioni sull'utilizzo dei voucher ha determinato l'abbandono di uno strumento utile ad alcuni settori a forte impatto delle prestazioni occasionali di lavoro e ridato linfa al lavoro in nero.
- Il grave abuso che molte imprese fanno della Cassa Integrazione, grava sulle possibilità di intervenire in favore delle situazioni sanabili.
- Il ruolo della CIG come ammortizzatore sociale universale impatta negativamente sull'intero trattamento, di welfare e di formazione, del lavoratore coinvolto.
Quanto alle politiche attive del lavoro:
- Il ricambio generazionale e di genere è debole.
- E' notevole l'assenza di sinergie pubblico-privato.
- Sono molto difficili l'inserimento degli inoccupati e il reinserimento dei disoccupati.
- Disfunzioni nell'attuazione di programmi di rilevanza nazionale.
- Difficoltà di incontro tra domanda e offerta di lavoro.
- Bassa integrazione tra politiche attive e passive.
- Assenza di comunicazione tra i diversi soggetti delle P.A.L. e di monitoraggio dei dati.
- I criteri di congruità dell'offerta di lavoro per i beneficiari del sostegno al reddito sono inadeguati.
- Condizione passiva dei beneficiari del sostegno al reddito.
- I lavoratori non possono scegliere di invecchiare attivamente.
- Sono presenti rigidità che determinano un impoverimento di competenze e di prestazioni, individuali e collettive.
- I NEET faticano ad approcciare il mondo del lavoro.
- Gli immigrati sono spesso costretti ad un lavoro irregolare, sommerso, pericoloso.
Quanto alla mancata partecipazione dei lavoratori:
Non è mai stato adottato un modello partecipativo che inserisca strutturalmente i lavoratori nella gestione, in toto o compartecipata della comunità produttiva che si chiama impresa; ciò impedisce che discendano rilevanti miglioramenti nell’impegno dei lavoratori e, quindi, anche nei risultati economici dell’impresa stessa.
In una prospettiva di concorrenza globale il mancato apporto dei lavoratori, concretizzandosi in un impoverimento della qualità del lavoro, determina un difetto di produttività e di competitività potenzialmente fatale per l'impresa stessa.
Quanto all'impatto della trasformazione digitale sul lavoro:
- I lavori ripetitivi a bassa qualifica sono preponderanti rispetto ai lavori di qualità.
- I lavoratori rischiano di subire solo gli svantaggi dell'innovazione tecnologica e digitale, senza coglierne le opportunità.
- Non sfruttiamo l'innovazione per diminuire drasticamente il divario tecnologico tra i territori.
- Sono insufficienti le sinergie tra Ricerca e Impresa, e il potenziale delle Università ne risulta svilito.
- La dipendenza di Comuni e distretti tecnologici dalle Regioni è disfunzionale.
- Manca una efficace integrazione in chiave nazionale dei programmi formativi e di sviluppo delle Regioni.
- Gravi difficoltà allo sviluppo di una nuova imprenditorialità.
- I sussidi monetari sono meno funzionali rispetto all'erogazione di servizi, ma anziché aumentare la progettualità ci rifugiamo in una spesa passiva e spesso improduttiva.
- Latente pianificazione strategica degli investimenti nei settori chiave dell'economia.
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Slip a strappo con codice QR
download (PDF)Dati della petizione
Avviata la petizione:
19/03/2022
La petizione termina:
30/09/2022
Regione:
Italia
Categorie:
Novità
-
Petition wurde nicht eingereicht
il 01/10/2023Liebe Unterstützende,
der Petent oder die Petentin hat innerhalb der letzten 12 Monate nach Ende der Unterschriftensammlung keine Neuigkeiten erstellt und den Status nicht geändert. openPetition geht davon aus, dass die Petition nicht eingereicht oder übergeben wurde.
Wir bedanken uns herzlich für Ihr Engagement und die Unterstützung,
Ihr openPetition-Team -
Cambiamenti riguardanti la petizione
il 04/05/2022 -
Questa è una nota della redazione di openPetition:
La petizione è in conflitto con il punto 1.9 i termini di utilizzo ed è stato quindi messo in pausa. Nel frattempo la petizione è stata rivista, ricontrollata dalla redazione di openPetition e rilasciata.
Dibattito
Segnalo alcune criticità. 1.La prima banale. Il costo del lavoro è già deducibile al 100% dall'IRAP per i dip. a t.i.. Che senso ha la proposta? 2. Due grandi assenti: burocrazia e autonomi. L'inutile complessità e incertezza delle regole INPS, INAIL e fiscali e dei CCNL è costo del lavoro occulto e insostenibile. Degli autonomi non trovo traccia. 3. Nessun cenno alla formazione professionale. Senza della quale i giovani restano al palo e i costi di formazione gravano sui datori di lavoro.
Non è ancora un argomento CONTRA.